M. è una ragazza ora 23enne, ipovedente e fin da bambina ha avuto bisogno di sostegno e di attenzioni. La giovane, racconta che alle scuole elementari era andato tutto bene, aveva amiche che la aiutavano, la sostenevano e lei si sentiva come tutte le altre ragazze. Alle scuole medie invece, racconta di gravi episodi, scatenati da alcune compagne di classe. Le ragazze di 11 anni, di uno più piccole di lei, le facevano pesanti “scherzi”: Chiedevano alla professoressa di poterla portare in bagno, perché dovevano parlarle. M. pensava ingenuamente che dovessero raccontargli dei “segreti tra amiche”. Ma non era affatto così… le giovani cominciavano a bloccarla in bagno, chiudendo la porta, così che non potesse uscire. Poi la spogliavano, le abbassavano i pantaloni e gli slip, le toglievano la maglia, il reggiseno, e lei ovviamente non poteva e riusciva a reagire. Dopo averla umiliata in questo modo così crudele, cominciavano a toccarla, a picchiarla, a deriderla. Le intimavano di non dire niente a sua madre, altrimenti “ti uccidiamo!”. M. era spaventata, sperava che la situazione cambiasse in fretta. Ma tutto si ripetevano: le stesse violenze, le stesse umiliazioni e minacce. Capii che così non poteva andare avanti, e dopo alcuni mesi- di enorme sofferenza- decide di parlare con sua madre di ciò che avveniva tra quelle mura.I genitori e la sua prof di sostegno allarmati dalla situazione si diressero subito a scuola, chiedendo spiegazioni e chiarimenti al preside e agli insegnanti, ma tutti negarono di aver visto o sentito qualcosa, e di aver avuto il minimo sospetto sulle giovani.Tutto si concluse, le ragazze, forse spaventate chiesero subito scusa a M. e da bulle volevano diventare sue amiche, come si può cambiare da un giorno all’altro e credere che tutto si cancelli in fretta? Questi ricordi restano dentro per sempre, e non si dimenticano mai, sono indelebili.Alle scuole superiori invece, dei suoi compagni, maschi gli davano schiaffi e la trattavano senza rispetto, colorando e macchiando con dei pennarelli la sua pelle, quasi fosse un oggetto e c’era anche una sua compagna che la spaventava –anche un rumore un po’ più forte suscita in lei un grande spavento, e si divertiva a darle fastidio. Tutto questo si verificava, dice, in un ambiente scolastico in cui tutti i ragazzi avevano poca voglia di studiare e di fare, presi dalla noia, e trasferivano a scuola i loro disagi e problemi familiari, in quanto la struttura in cui studiava, si trovava in una piccola e “difficile” zona in periferia, in cui i ragazzi sono lasciati a loro stessi, e le famiglie sono poco attente nei confronti dei loro figli.
Oggi frequenta l’università, dove ha conosciuto persone che definisce fantastiche, disponibili, gentili, mature, intelligenti, che le stanno vicino. Ottiene buoni voti e si impegna nello studio, per cercare di avere un futuro e una vita felice, come è suo diritto.