Nel febbraio 2014 si toglie la vita, gettandosi dal tetto di un palazzo. Veniva insultata sui social ed in particolare su Ask.fm il famoso social network accusato più volte di favorire il cyberbullismo a causa dell’anonimato dei messaggi e degli utenti, nascosti dietro nickname.
«Suicidati», «Sei strana, meriti di stare sola», le scrivevano ogni giorno spingendola in una spirale di depressione fino al gesto estremo. Prima del drammatico gesto chiede scusa ai suoi genitori per averli delusi in poche righe. Poi si getta nel vuoto, da un’altezza di trenta metri. Dietro questo gesto si nasconde l’ombra del cyberbullismo. Un bullismo spietato, senza scrupoli che l’ha condotta verso il baratro, la solitudine e la disperazione. Non è stato un gesto d’impulso, né dettato da un colpo di testa. Da settimane progettava e pensava alla sua morte. Una morte causata dalla sofferenza interiore che l’ha spenta dentro giorno dopo giorno.
La ragazza per cercare conforto e sfogo ricorrendo all’autolesionismo, cioè all’infliggersi dei tagli sui polsi e sul corpo. I comportamenti autolesionistici sono diffusi tra i ragazzi, più di quanto si pensi, soprattutto coloro che vivono una profonda sofferenza. Gesti che hanno lo scopo di sentirsi meglio. Si vuole fare in modo che il dolore fisico diventi più forte di quello interiore. E’ difficile uscire dalla spirale dell’autolesionismo, in quanto questi atti non provocano sofferenza, ma una sensazione di sollievo, come se insieme al sangue si liberassero anche delle loro emozioni e in quegli attimi si sentono meglio.
Nessuno però si era accorto della sua sofferenza, racchiusa prima di morire in 5 lettere rivolte ai suoi genitori, alla sua nonna e ad alcuni amici.
In chat, sul popolare social network ASK.fm cercava di sfogarsi raccontando il suo mondo e le sue fragilità. Ma utenti anonimi, suoi conoscenti nascosti dietro nick virtuali, le dicevano di uccidersi, di suicidarsi perché era sola e nessuno le voleva bene. Lo slogan di Ask.fm «Fammi una domanda». Tutti possono iscriversi con un nickname e cominciare a fare in anonimo domande, che il più delle volte si trasformano in insulti, offese, insinuazioni e minacce. Ad Amnesia (questo il suo nickname) ne arrivavano tante di domande.
«Cosa stai aspettando?» «Di morire», rispondeva lei. Un flusso continuo di botta e risposta. Condito da insulti e inviti: «Secondo me tu stai bene da sola!!!!!!!!!!! fai schifo come persona!!!», «spero che uno di questi giorni taglierai la vena importantissima che ce sul braccio e morirai!!!!». Senza risparmiarle pesanti allusioni sessuali e proposte oscene.
Sfogava sui social il timore di essere grassa e la soddisfazione di esser dimagrita fino a 55 chili. L’accusavano di non fumare davvero, di non bere come tutti gli altri ragazzi e coetanei.
«Sei una ritardata, grassa e culona, fai finta di fumare, ma non aspiri, fai finta di bere, ma non bevi, fai finta di essere depressa per attirare l’attenzione, sei patetica».
«Cosa credi che accada dopo la morte? Non lo so diosss, ogni tanto ci rifletto anche D:». «Dove pensi che vivrai tra cinque anni? Vivrò tra 5 anni? wow :’)».
«Qual è l’ultimo libro che hai letto? Il diario di una ragazza suicida (stupendo tra l’altro)».
«Secondo me, i tagli sono tutti delle piccole bocche che gridano aiuto» aveva detto lei.
«Ti tagli solo per farti vedere…», insistono.
«Sì certo, mi rovino la vita solo per farmi vedere, rovino tutto il mio corpo, al punto di non ricordarmi più com’era la mia pelle normale, solo per farmi vedere, certo, è come dici tu, sì», risponde.
Dopo la morte su Ask ma non risparmiarono domande crudeli neppure al ragazzo: «Come farai ora che lei si è suicidata? Ho i miei veri amici vicino che mi aiuteranno a passare questo difficile momento x me, cmq spero che LEI vi distrugga la VOSTRA VITA dall’alto a chi l’ha fatta star male fino a oggi». Ask non si ferma: il flusso di domande è continuo. Tra i ragazzini è quasi un must. È tutto più grande dei loro 14 anni. Ma anche loro sono più grandi di quello che sembrano.