E se la bulla fosse tua madre? Se invece di essere colei che ti ama di più al mondo, fosse il tuo peggiore incubo?
Questa è la mia storia. Una storia che non ho mai avuto il coraggio di raccontare e che voglio mettere nero su bianco. Sono stanca di far finta di niente e di soffrire in silenzio. Mia madre mi ha dato alla luce a soli 18 anni, gli anni che ho io adesso. Ma sono rinchiusa ancora qui, tra le mura di questa casa che per anni è stata la mia prigione, il mio carcere, il mio inferno.
Si, perché non sempre la casa è il luogo dove ti senti protetto o al sicuro. Le mura domestiche racchiudono segreti, lacrime, disperazione e violenza. Ho iniziato a subire maltrattamenti fin da piccola. Non ho un singolo ricordo bello della mia infanzia. In tutti i miei ricordi io piangevo e cercavo di mandare giù le lacrime.
Avevo solo 4-5 anni quando mia mamma iniziò a dirmi cose orribili, ancora impresse nella mia testa. “Fai schifo, non vali niente, sei solo una ritardata, mi hai rovinato la vita, è tutta colpa tua!”. Mi guardava con sguardo pieno di odio, disgusto e rabbia. Non con occhi affettuosi come quelli di una madre… capivo che lei non mi voleva bene, anzi, mi odiava. Ero un errore, una figlia non voluta, uno sbaglio, un rimpianto.
“Chissà, se infondo al suo cuore mi vuole un po’ bene… “. Mi chiedevo ingenuamente. Desideravo anche un briciolo d’amore, una carezza. Ma ricevevo solo una pioggia di insulti, schiaffi, pugni e calci.
Mi trattava come un oggetto, mi picchiava con rabbia, senza fermarsi neanche di fronte al mio restare inerme, immobile, incapace di muovermi dal dolore. Neanche di fronte alle mie urla disperate.
Non era umana, in quei momenti si trasformava in un mostro, che non riuscivo a controllare.
Mi rinchiudeva in bagno per ore dopo avermi picchiato senza motivo. Ogni motivo era buono per prendersela con me ed io stavo attenta ad ogni minimo movimento.
Se cadeva il bicchiere con l’acqua, mi diceva che ero “Inutile, imbranata” e che non dovevo bere più. Mi toglieva l’acqua da tavola. Dicevo che ero lenta a mangiare e che dovevo muovermi, altrimenti mi toglieva il piatto e lo buttava a terra. Mi lanciava addosso di tutto, mi picchiava con oggetti e rompeva le mie cose.
Era un incubo. Mi risuonavano in mente le parole “stronza, ti uccido di botte!, ti mando all’ospedale!” ed io ero solo una bambina che non faceva male a nessuno.
Perché tanto odio? Iniziai a incolpare me stessa, forse ero davvero la figlia sbagliata, una stupida incapace nata per errore. Così mi sentivo… un peso al mondo. Se nessuno mi voleva bene, neanche mia mamma, la persona che mi aveva messo alla luce, chi poteva amarmi? Io non mi amavo, mi odiavo.
Ogni volta che mi incolpava dicendo di essere stata io a farla arrabbiare, io ci credevo. Cercavo di comportarmi bene e di essere una figlia migliore. Ma poi bastava un attimo per riaccendere il suo odio e allora scappavo via. Un giorno mi picchiò con una sedia e mi colpiva anche in testa.
Di fronte a tutto questo mio padre non faceva nulla, restava a guardare senza difendermi, anzi a volte mi picchiava anche lui senza motivo. Quante volte ho provato a uscirne, sono scappata da mia nonna mostrandole i lividi, raccontandole la verità. Ma lei mi diceva “dai, non dire bugie, te li sei fatti da sola cadendo!”. Quante volte ho pensato di registrare tutto… Ma che senso aveva? Nessuno mi credeva.
Nessuno. Ero SOLA contro i miei genitori o meglio mostri. Ed io ero troppo fragile per affrontare tutto da sola…
A scuola ero vittima dei bulli, a casa dei miei genitori. Mia madre diceva che avevano ragione, chi poteva mai stare con me? Ero io che non sapevo stare con gli altri e che ero troppo “addormentata” e stupida. Quante volte ho pensato di farla finita o fuggire via. Dovunque mi sarei sentita a casa, lontano da quella casa. Ma poi non avevo il coraggio, resistevo aggrappandomi alla speranza… che un giorno sarebbero cambiati. Mia madre ha cercato di ostacolarmi in tutti i modi. Voleva distruggere la mia autostima, convincermi di non valere, ostacolarmi negli studi dicendomi che non ero abbastanza… o che nessuno mi avrebbe “presa” perché ero troppo “handicappata”. Beh, nonostante tutte le difficoltà non mi sono fermata mai. Volevo dimostrarle che non è riuscita a rovinarmi la vita e nel suo scopo.
Le conseguenze di tutto questo? Una fortissima sensibilità, una grande insicurezza, ho l’ansia facilmente e non riesco a non temere il giudizio degli altri… lei mi ha rovinato la vita ma mi sono rialzata e sto cercando di andare avanti!
Perché sono convinta che fosse tutto un piano progettato per rovinarmi la vita e farmi impazzire.
Oggi spero solo di non diventare mai una persona come lei, che si sfoga sugli altri per non affrontare sé stessa. Spero di essere una madre migliore. Un giorno darò ai miei figli tutto l’amore e il calore che a me è mancato e di cui hanno bisogno. Li riempirò di carezze e non di schiaffi. Li proteggerò e non permetterò a nessuno di maltrattarli!
ti auguro di andartene presto via di casa e avere una famiglia tutta tua. non sei sola.
un abbraccio